Il Ben-essere in famiglia
Estratto dell’intervento tenuto durante il Convegno “Il vero ben- essere: un equilibrio nelle relazioni”.
La famiglia, ogni singola famiglia può presentarsi, in modo esemplare, quale luogo di benessere, di incontro emotivo, di affetto e sostegno reciproco, ma, anche, quale luogo di scontro e di conflitti insanabili e/o, per ognuno o anche solo per qualcuno (nella famiglia), quale luogo di disagio psichico, sofferenza (R.D.Laing, A.Esterson 1970): luogo da cui fuggire o, almeno, da cui prendere, emotivamente, le distanze.
Ciò che rende ogni contesto di vita luogo di benessere o malessere è la qualità comunicativa al suo interno (Clarizia 2014) e ciò vale per ogni contesto caratterizzato da relazioni interpersonali stabili e continuative: il contesto famiglia, il contesto scuola, il contesto amicale, sociale, di quartiere, il contesto lavorativo; luogo di benessere può essere ogni luogo, ogni contesto di vita (più o meno privato), ma solo se delimitato da comunicazioni reciprocamente validanti e non intenzionalmente e costantemente invalidanti, comunicazioni caratterizzate da reciproco riconoscimento e sostanziale, autentico rispetto e, in famiglia, anche da reciproca cura e responsabilità interpersonali e intergenerazionali-genitoriali.
Ecco, è la comunicazione la parola chiave da cui muovono le mie riflessioni che, sia ben chiaro, non si ha la pretesa di presentare come definitive o risolutive, rispetto alla complessa problematica in oggetto, il benessere in famiglia, ma solo come un punto di vista da cui, credo, non si possa prescindere.
Quando parliamo di comunicazione, quando ne parliamo a livello scientifico, tendiamo a distinguerla in comunicazione pubblica o privata, politica o sociale, interpersonale o mediatica, faccia a faccia oppure on line; ma la comunicazione che qui ci interessa, quella che può favorire il benessere o, piuttosto, consentire o generare il suo opposto, è la comunicazione che può presentarsi, in famiglia, anche in famiglia, come più o meno etica o strumentale, autentica o inautentica, intima o evasiva, intenzionalmente interpersonale o, piuttosto, prevalentemente egocentrica e autoreferenziale…
Se è vero il postulato dell’impossibilità di non-comunicare (P.Watzlawick, J.H. Beavin, D.D.Jackson 1971), quando si sia all’interno di un contesto interpersonale, perché anche il silenzio, la scelta del silenzio è comunicativo, magari di un dissenso o di una posizione di distanziamento emotivo, di non coinvolgimento, di ostile indifferenza, di opposizione…o, magari, espressione di solipsistico disagio, allora non possiamo non riconoscere il carattere necessariamente originario e strettamente (vorrei dire, ineluttabilmente) formativo dei processi comunicativi in famiglia che è il primo luogo esistenziale di sviluppo e formazione della personalità, il primo più importante contesto di costruzione o de-costruzione, ma anche di potenziale ri-costruzione della propria identità personale; e del personale (interpersonale), connesso, livello di benessere della famiglia, nel suo insieme, e di quanto, singolarmente, percepito da ognuno dei suoi membri.
Né si può dichiarare che sia sufficiente che la famiglia sia nata da un rapporto d’amore della coppia che l’ha costituita, perché andrebbe indagata la categoria dell’amore: non è certo l’amore che continua ad affondare nell’affettività pulsionale le sue radici che può garantire per sé, nel tempo, la propria continuità né, per la famiglia, il benessere.
Come da tempo ci ha insegnato Freud e quotidianamente le esperienze, ordinarie o straordinariamente drammatiche, ci riconfermano, questo “amore” può, non raramente, trasformarsi in odio, distruttività, conservando, di ciò che si dichiarava essere “amore”, solo la stessa violenta intensità.
C’è da chiedersi: quale amore?
La nostra cultura, infatti, traduce col medesimo termine ciò che i greci, distinguevano in due categorie distinte: eros/passionalità e agápe/responsabilità interpersonale-accudimento e impegno al bene reciproco.
Ora, perché la famiglia si caratterizzi come luogo di benessere, sono importanti, fin dall’inizio, nella coppia, l’impegno e la responsabilità reciproca perché perduri nel tempo, innanzitutto, il comune progetto o la comune illusione (come dicono gli psicoanalisti) che l’amore duri per sempre (Baldaro Verde 1990, 1992).
E, comunque, provare a impegnarsi in questa direzione, ma sempre in un prevalente
atteggiamento di rispetto della persona dell’altro e della sua etica autonomia (Clarizia 2000/13).
La comunicazione, nella coppia, anche nelle situazioni di disaccordo, sempre possibili, sarà l’unico o il prevalente modello comunicativo cui saranno costantemente esposti i figli; per loro sarà formativo osservare il modo in cui i genitori si impegneranno per trovare un accordo sufficientemente condiviso nelle diverse aree comuni sui comportamenti reciprocamente attesi; la capacità di mettere in campo la necessaria flessibilità nel definire e ridefinire compiti e comportamenti per fronteggiare cambiamenti evolutivi o emergenze. Sarà formativa, positivamente formativa e indice di benessere in famiglia, la presenza, nella comunicazione coniugale-genitoriale, di elementi che siano espressione di fiducia, confidenza, comprensione, spontaneità, sostegno, amicizia, reciproco rispetto (Clarizia 1993).
Diversamente, una conflittualità costante e strutturale (non episodica) nella comunicazione coniugale-genitoriale non consentirebbe un adeguato riconoscimento dei bisogni emotivi dei figli, non consentirebbe il benessere dei figli né, naturalmente, il proprio, di coppia.
D’altra parte, è evidente che la relazione genitore/figlio non è mai una relazione tra due partecipanti, tra un genitore e un figlio, perché, a sua volta, rinvia alla modalità della relazione coniugale-genitoriale e, non raramente, ai processi reciprocamente confermanti o disconfermanti delle due famiglie d’origine.
Il benessere dei figli è sempre strettamente legato alla modalità comunicativa dei genitori tra di loro e ai relativi processi comunicativi, reciprocamente più o meno validanti o invalidanti.
Quando, tra i genitori, sia prevalente una radicale opposizione, opposizione che può essere manifesta ma anche nascosta, si determinano problemi di confine tra il sottosistema comunicativo coniugale e quello genitoriale; può cronicizzarsi un processo comunicativo patologico che non favorisce certo il benessere dei figli.
Tali patologie comunicative possono presentarsi come triadi rigide che possono assumere la forma di triangolazione (quando ciascun genitore esige l’alleanza del figlio che è, quindi, come paralizzato, essendo ogni sua mossa definita come un attacco all’uno o all’altro genitore), di deviazione (quando i genitori negoziano i loro problemi tramite il figlio, rinforzando ogni suo comportamento deviante e mascherando, così, i loro problemi di coppia), di coalizione (quando uno dei genitori si allea al figlio in una coalizione, rigidamente definita e di tipo trans-generazionale, contro l’altro genitore).
Naturalmente sul benessere di ogni famiglia agiscono anche altri processi legati a dimensioni economiche e sociali, di salute dei membri, di politica territoriale, di presenza/assenza di servizi sociali, sanitari, assistenziali; agiscono processi sistemici sui quali in ogni famiglia vi è ben poca controllabilità o responsabilità o, spesso, consapevolezza; e si tratta di processi tutt’altro che ininfluenti rispetto al benessere di ogni singola famiglia e di ognuno dei suoi membri (Clarizia 2005/16).
E bisogna, certamente, anche riconoscere che alcuni eventi familiari, per l’improvvisa drammatica violenza con cui si manifestano, sono ben oltre la potenziale controllabilità o prevedibilità o responsabilità del singolo, della coppia genitoriale o della famiglia nel suo insieme. E, forse, anche dei contesti di prevenzione e controllo sociali…
Pur con tale consapevolezza, continuo a ritenere fondamentale l’impegno responsabile, nella coppia coniugale-genitoriale, ad educare ed educarsi ad una comunicazione prevalentemente e intenzionalmente etica.
Tale qualità etica nella comunicazione familiare potrà contribuire a costruire il benessere in famiglia, creare resilienza per affrontare emergenze, problemi e disaccordi, sempre possibili, sia all’interno di ogni singola famiglia sia al di fuori, nel mondo fuori casa.
Il nostro benessere, il modo in cui ognuno di noi starà al mondo, anche negli altri successivi e paralleli contesti di vita, continuerà a portare l’impronta del benessere comunicativo che avremo respirato in famiglia.
Laura Clarizia